M5S, Di Maio annuncia dimissioni da capo politico: "Ma il mio percorso nel Movimento continua"

All’indomani delle dimissioni di Luigi Di Maio da capo politico, nel M5S si apre la fase congressuale: i posizionamenti in vista degli stati generali del 13-15 marzo. E dopo il discorso di ieri, sono in molti a intravedere già il duello all’orizzonte: quello tra lo stesso Di Maio, pronto a scalare di nuovo il Movimento, e il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, considerato il candidato naturale a succedergli prima come capodelegazione del M5S al Governo e poi al timone del Movimento. È lui ormai il punto di riferimento di chi vede il partito nel fronte progressista largo immaginato dal Pd di Nicola Zingaretti e mai citato ieri da Di Maio.

Il futuro assetto del M5S sarà in realtà messo ai voti dopo l’assise di marzo: lo statuto prevede che entro trenta giorni dall’incarico al reggente, dunque entro il 23 febbraio, vada indetta la votazione online su Rousseau per il nuovo capo politico. Che sarà fissata dopo, tra fine marzo e aprile, per consentire la discussione delle proposte. All’insegna di quel «prima le cose, poi il chi» chiarito da Di Maio per fugare la possibilità di stati generali elettivi.

I gruppi parlamentari pentastellati sono spaccati in mille rivoli, provati da mesi di tensioni e fuoriuscite. La pattuglia di chi chiede la svolta di un organismo collegiale e di una scelta di campo decisa, la stessa caldeggiata da Beppe Grillo, sta alla finestra. I senatori che hanno firmato il documento con cui la richiesta è stata messa nero su bianco non nascondono le aspettative di un cambiamento reale, pur sottolineando che la loro non era una mossa contro Di Maio, ma «per il bene del Movimento».

È Roberto Fico a incoraggiare in questa direzione: «Lavoriamo per individuare il modello di organizzazione che meglio possa rispondere alle esigenze di un Movimento cresciuto e cambiato. Un modello più collegiale». Si è schierata a favore di un superamento dell’«uomo solo al comando» anche Carla Ruocco, presidente della commissione Finanze della Camera e vicinissima a Grillo. «Arriverà», garantiscono fonti qualificate del M5S, anche per mettere a tacere le voci di chi già critica Vito Crimi, il viceministro dell’Interno diventato reggente e giudicato troppo vicino a Davide Casaleggio.

Ma la forma di un eventuale nuovo organo, in cui far confluire tutti i big, dallo stesso Fico ad Alessandro Di Battista, da Paola Taverna a Chiara Appendino, non è chiara: un nuovo organo, che si aggiungerebbe alla nuova folta struttura dei facilitatori nazionali e regionali, richiederebbe una modifica dello statuto. Obiettivo a cui puntano tutti coloro che sperano di poter presentare mozioni dettagliate agli stati generali.

Nell’ala sinistra del M5S c’è irritazione per la tempistica della decisione di Di Maio. «Perché prima delle elezioni in Emilia e in Calabria?», afferma un deputato. Sono quelli che sospettano il doppio gioco, la volontà di strizzare l’occhio alla Lega di Matteo Salvini - con la complicità di Di Battista e dei più filoleghisti - in vista di future alleanze. A sostegno dei loro dubbi citano la reazione del segretario del Carroccio, che ha voluto additare più Grillo che Di Maio come «traditore» per aver voluto l’abbraccio col Pd.

Ma i fedelissimi del leader respingono le insinuazioni. La loro tesi è che Di Maio si sia stancato delle «pugnalate alle spalle». Vittoria Baldini lo dice apertamente: «Di Maio ha assunto la guida di un movimento politico che ha scalato le istituzioni in una maniera che non ha precedenti nella storia delle democrazie moderne. Ci ha sempre messo la faccia e il cuore, sin da prima di diventare capo politico. È roba da pochi. I più preferiscono nascondersi o fuggire». Un tributo arrivato anche da altri parlamentari, convinti che non ci siano sfidanti che possano contendere la sua leadership.

La carta Patuanelli è appesa a due fattori: la sua disponibilità e le chance di fare presa sugli iscritti. Non è sfuggito comunque che al titolare del Mise Di Maio abbia riservato il saluto più freddo, nel profluvio di abbracci arrivati al termine del suo discorso. «La verità è che da oggi siamo senza bussola», riconosce il deputato Raffaele Trano, che in passato non ha lesinato critiche al leader. Il rischio è il caos, come sa Danilo Toninelli: è lui a dover coordinare l’organizzazione degli stati generali.